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LE PROCEDURE DI COMPOSIZIONE DELLE CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO

La legge n. 3 del 27 gennaio 2012, successivamente modificata dal decreto-legge n. 179/2012, ha introdotto nel nostro ordinamento le procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento destinate ai soggetti non fallibili ed ai consumatori (imprese che non sono soggette al fallimento ed alle altre procedure concorsuali, il "consumatore" cioè il “debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni prevalentemente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta”,  e gli enti privati senza scopo di lucro (si deve infatti intendere incluso anche l'ente privato no profit).
La normativa ha delineato tre diversi modelli procedurali:
- l'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento per il debitore "non fallibile" - art. 10 e ss.;
- il piano del consumatore - art. 12 bis e ss.;
- la procedura di liquidazione del patrimonio del debitore - articolo 14 ter e ss.
Dette procedure mirano a realizzare l'effetto della cancellazione dei debiti pregressi del debitore fino ad oggi possibile soltanto per alcune categorie di imprenditori soggetti alle ordinarie procedure concorsuali.
Requisiti soggettivi: possono ricorrere alle procedure in questione tutti i soggetti, persone fisiche, società, enti, che non siano assoggettabili alle procedure concorsuali in quanto non dotati dei requisiti dimensionali di cui all'art. 1 della Legge Fallimentare (oltre agli imprenditori agricoli, associazioni professionali, start up innovative) tra cui rientrano anche i debitori civili o "consumatori" come già sopra definiti.
Le piccole imprese individuali o collettive (società di persone, di capitali o cooperative, comprese le cooperative sociali) cui si applicano queste procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento sono, come abbiamo detto, quelle non assoggettabili alle procedure concorsuali cioè quelle che, ai sensi dell’art. 1 della L. Fall. (R.D. 16/3/1942 n. 267 come riformato dalle novelle 2006-2013), presentano tutte e tre queste caratteristiche:
a) hanno avuto, negli ultimi tre anni (esercizi) o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, un totale annuo dell'attivo dello stato patrimoniale inferiore o uguale a € 300.000 (per ogni anno e non come media per tre anni);
b) hanno realizzato ricavi lordi, cioè un fatturato complessivo negli ultimi tre anni (esercizi) o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore, per un ammontare annuo inferiore o uguale a € 200.000;
c) hanno un ammontare totale debiti, anche non scaduti, inferiore o uguale a € 500.000 (risultanti dal totale dei debiti dello stato patrimoniale).
Non sono soggette a fallimento anche le imprese agricole alle quali, pertanto, sono pure applicabili le procedure in esame.
Requisito oggettivo: la presenza di uno stato di sovraindebitamento definito dall'art. 6 della L. 3/2012 come "una situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni".
La proposta di accordo o di piano, da parte di qualsiasi tipo di debitore, non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore:
a) è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle previste dalla L. 3/2012 (cioè a quelle previste dal R.D. 267/1942);
b) abbia già fatto ricorso ad una delle procedure di sovraindebitamento nei cinque anni precedenti;
c) abbia subito, per cause a lui imputati, uno dei provvedimenti di annullamento o risoluzione dell'accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento o revoca o cessazione degli effetti dell'omologazione del piano del consumatore previsti dagli artt. 14 e 14 bis della L. 3/2012;
d) abbia fornito documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale (art. 7 comma 2 L. 3/2012).
La proposta del debitore ovvero del consumatore in difficoltà deve contenere un piano in cui, ai sensi dell'art. 7 della L. 3/2012:
-sia assicurato il regolare pagamento dei crediti impignorabili ai sensi dell'art. 545 c.p.c. (crediti alimentari, per salari e stipendi ecc.);
-sia previsto il pagamento integrale ma eventualmente dilazionato dei tributi costituenti risorse dell'Unione Europea (Iva, ritenute,...);
-sia prevista la possibilità di falcidia di ogni altro credito, crediti privilegiati compresi, purché a questi ultimi sia assicurato un pagamento in misura non inferiore a quello realizzabile sul ricavato derivante dalla liquidazione dei beni su cui insiste la causa di prelazione.
La proposta di accordo dev'essere depositata presso il tribunale del luogo di residenza barra spese del debitore e l'organismo di composizione della crisi entro i tre giorni successivi al deposito dei libri notificare la proposta di accordo alla gente di Lione e agli uffici fiscali competenti anche presso gli enti locali.
La proposta (accordo o piano) deve contenere ai sensi dell'art. 9:
- l'elenco di tutti i creditori con l'indicazione delle somme dovute;
- l'elenco di tutti i beni del debitore e degli atti di disposizione su di essi compiuti negli ultimi cinque anni;
- le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni (nel caso di accordo);
- l'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento della famiglia previa indicazione della composizione del nucleo familiare corredata dal certificato di stato di famiglia;
- le scritture contabili degli ultimi tre esercizi;
- l'attestazione della fattibilità dell'accordo o del piano rilasciata dall'organismo di composizione delle crisi da sovraindebitamento che assiste il debitore.
La presentazione della proposta di accordo o di piano del consumatore sospende agli effetti del concorso con gli altri crediti ammessi al passivo il corso degli interessi convenzionali o legali, con eccezione di quelli garantiti da titolo di prelazione.
Una volta ultimata la fase di predisposizione del piano di presentazione della relativa documentazione, si apre la fase di omologazione del piano con l'intervento del Tribunale competente per territorio.
Il Tribunale, verificata la rispondenza del piano ai requisiti stabiliti dalla legge, fissa l'udienza disponendo la comunicazione ai creditori e stabilendo idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto. In caso di svolgimento di attività di impresa da parte del debitore, la pubblicazione avviene in una particolare sezione del Registro delle Imprese.
Il Tribunale adotta quindi il provvedimento sull'inibitoria di atti pregiudizievoli nei confronti del debitore stabilendo una durata massima di 120 giorni. Nel medesimo provvedimento il Tribunale dovrebbe altresì stabilire il termine entro il quale i creditori possono esprimere il loro consenso.
Decorso tale termine, in caso di esito infruttuoso di questa fase della procedura, ogni creditore torna libero di agire con le modalità consuete.
Aperto il procedimento con il provvedimento sull'inibitoria, l'Organismo/professionista si adopera per ottenere l'adesione dei creditori alla proposta di accordo.
I creditori, ricevuta la comunicazione della proposta di accordo e del decreto di fissazione dell’udienza, faranno pervenire, anche mediante telegramma, raccomandata a.r., fax o pec, all'organismo di composizione della crisi che assiste il debitore, una dichiarazione sottoscritta del proprio consenso alla proposta, modificabile fino a 10 giorni prima dell'udienza fissata dal Giudice. In mancanza di questa comunicazione si ritiene che creditori abbiano prestato il proprio consenso alla proposta nei termini in cui essa è stata loro comunicata (art. 11, comma 1). Pertanto, per opporsi alla proposta di accordo, il creditore deve comunicare il proprio espresso dissenso all’organismo, operando in difetto il silenzio assenso (o consenso) appena visto.
Ai fini dell'omologazione dell'accordo è richiesto il consenso (eventualmente anche tramite il silenzio assenso) di tanti creditori che rappresentino il valore di almeno il 60% dei debiti complessivi. I crediti privilegiati dei quali la proposta di accordo preveda l'integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento di detta percentuale e i titolari di essi non hanno diritto ad esprimersi sulla proposta, così come non hanno diritto ad esprimersi sulla proposta il coniuge del debitore, i suoi parenti od affini fino al quarto grado, i cessionari o aggiudicatari dei crediti di tutti questi soggetti (debitore compreso) da meno di un anno dalla proposta.
Se l'accordo è raggiunto, cioè se esso raccoglie il consenso di tanti creditori che rappresentino il 60% del valore dei debiti nel senso sopra precisato, l'organismo trasmette a tutti i creditori una relazione sui consensi espressi e sul raggiungimento della percentuale predetta, allegando il testo dell'accordo accettato. Nei successivi 10 giorni i creditori possono sollevare eventuali contestazioni e, decorso detto termine, l'organismo trasmette al Giudice la relazione, allegando le contestazioni eventualmente ricevute, unitamente ad una attestazione definitiva della fattibilità del piano.
Il Giudice omologa con decreto l'accordo entro sei mesi dalla presentazione della proposta e ne dispone la pubblicazione utilizzando idonee forme di pubblicità compresa l'iscrizione dell'accordo omologato nel Registro delle Imprese.
L'accordo omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità disposta dal Giudice. I creditori con causa o titolo posteriore a tale momento non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano contenuto nell'accordo di composizione della crisi omologato dal Giudice.
Per i consumatori la procedura è affine, con le seguenti particolarità:
- ai fini dell’approvazione del piano non è richiesta alcuna maggioranza; ai fini dell’omologa è quindi il Giudice a valutare la fattibilità del piano in relazione ai presupposti e al complessivo atteggiamento del consumatore (meritevolezza); a tal fine l’Organismo di composizione della crisi predisporrà un’apposita relazione particolareggiata onde consentire al Giudice di operare dette valutazioni.
L'Organismo di composizione della crisi dà comunicazione ai creditori del decreto, del piano e della data dell'udienza di omologa almeno 30 giorni prima dell'udienza stessa. I creditori potranno opporsi al piano del consumatore solo nell'udienza di omologa ma, in ogni caso, il Giudice potrà disporre l'approvazione del piano ove ritenga il piano più conveniente all’alternativa liquidatoria;
- non opera l'automatica sospensione o il blocco delle azioni esecutive o cautelari esperite dai creditori almeno fino alla data di emissione del decreto di omologa del piano. È il Giudice a valutare se sospendere le azioni esecutive ove esse appaiano idonee a pregiudicare la fattibilità del piano;
- il Giudice verifica che siano soddisfatti i requisiti degli art. 7, 8 e 9 e, in ogni caso, la meritevolezza del consumatore. Omologa il piano, risolta ogni altra contestazione;
- l'omologazione deve avvenire entro sei mesi dal deposito della proposta.

In tali procedure determinante è la figura del Professionista che assiste e supporta il debitore sia nella fase di pre-analisi dello stato della crisi onde stabilire quali procedure adottare per affrontare/superare la crisi sia in termini di assistenza tecnica nella fase successiva di predisposizione ed esecuzione del piano.




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